Sì all’accesso del dipendente alla relazione investigativa

Il Provvedimento del Garante arriva su reclamo di un interessato che esercitava il suo diritto di accesso ai dati personali per garantirsi l’esercizio del suo diritto di difesa.

In particolare, richiedeva “[…] l’accesso ai propri dati aventi ad oggetto i fatti ed i comportamenti asseritamente irregolari indicati nella lettera di contestazione di addebito”, ma la Società non avrebbe fornito un riscontro idoneo.

Il reclamante ha inoltre rappresentato di aver appreso, nel corso del giudizio avviato con ricorso per l’impugnazione del licenziamento, che la Società “si è rivolta a una agenza investigativa alla quale ha affidato lo svolgimento di complesse indagini che hanno rilevato il comportamento illegittimo oggetto di contestazione”.

Richiedeva pertanto all’Autorità di ingiungere al titolare del trattamento di soddisfare le richieste di esercizio dei diritti.

L’Autorità Garante ha ritenuto innanzitutto che le richieste di accesso ai propri dati formulate dal reclamante fossero qualificabili come esercizio del diritto di accesso ex art. 15 del Regolamento, anche se tale norma specifica non è stata espressamente richiamata (come peraltro indicato nelle Linee Guida dell’EDPB sul medesimo argomento). In secondo luogo, l’Autorità ha sottolineato come il diritto di accesso ha ad oggetto tutti i dati riferiti all’interessato e tale diritto non deve essere circoscritto a specifici documenti eventualmente non richiamati dall’interessato.

Di conseguenza, dal momento che la relazione investigativa conteneva dati riferiti all’interessato, la Società avrebbe dovuto ritenere esteso il diritto di acceso anche a queste informazioni. La sanzione è stata comminata nella misura di € 10.000.

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