“Direttiva Whistleblowing”: via libera per l’utilizzo di piattaforme di terzi, ma occhio agli aspetti privacy!

La nuova Direttiva UE n. 1937/2019 ha introdotto nuove misure per la protezione dei whistleblowers tanto nel settore pubblico quanto in quello privato: abbiamo introdotto l’argomento nell’articolo “Whistleblowing”: quali le novità per gli enti privati?

Come già anticipato, la Direttiva impone agli enti privati che abbiano più di 50 dipendenti – a prescindere dall’adozione o meno di un modello organizzativo 231 – di mettere in campo procedure che consentano loro di dare seguito alle segnalazioni provenienti dai segnalanti e dai facilitatori, preservandone la riservatezza: di qui la necessità che gli enti istituiscano canali di segnalazione di illeciti interni, esterni e pubblici.

Forse anche considerata la complessità organizzativa e operativa che un simile apparato “comunicativo” richiede, il legislatore europeo ha ammesso la possibilità per gli enti di ricorrere a terzi per la gestione delle segnalazioni interne, inclusi fornitori di piattaforme, a patto che siano in ogni caso rispettati i requisiti di indipendenza, riservatezza, protezione dei dati e segretezza.

Nell’ambito del whistleblowing, infatti, l’adeguata protezione dei dati personali, in particolare l’identità del segnalante, coincide con l’obbligo di garantire che essa non venga divulgata, visti i rischi di condotte ritorsive nel contesto lavorativo.

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L’avvocato Maria Livia Rizzo svolge attività di consulenza legale nel settore sanitario pubblico e privato nell’ambito della protezione dei dati personali – con focus

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