App medicali: gli adempimenti legali per un nuovo modello di assistenza

Se è vero che l’attività dei professionisti sanitari è da sempre una attività mobile, mai come nelle attuali contingenze – dove si è dovuto ripensare, in un solo istante, a tutte le dinamiche e le logiche che, da sempre, hanno caratterizzato l’erogazione di servizi, ivi compresi quelli sanitari – il potenziale di tale “mobilità” risulta ampliato.

Così come lo smart working è stato fondamentalmente riscoperto come mezzo cruciale per adempiere alle attività lavorative evitando i contatti sociali in grado di alimentare l’epidemia, così la sanità digitale può contribuire allo stesso modo in questa fase di pandemia a minimizzare, ove possibile, la socialità e, di conseguenza, i rischi di contagio.

Infatti, proprio ora che l’emergenza sanitaria impone regole di distanziamento interpersonale e limita la compresenza ai casi di urgenza e necessità, quelle modalità di erogazione di servizi, note come Mobile Health App, che si caratterizzano per essere utilizzabili da chiunque (anyone), dovunque (anywhere), in qualsiasi momento (anytime) e con qualsiasi dispositivo (any device), acquistano un valore e una centralità forse mai avuti prima.

A usufruire delle nuove tecnologie nel contesto sanitario sono non più soltanto i professionisti ma anche, e in modo sempre più frequente, i cittadini in qualità di pazienti. Questo aspetto ha consentito e sempre più consentirà – anche una volta che l’emergenza sanitaria sarà finita – di fornire assistenza clinica, anche di tipo continuativo, in mobilità, non più unicamente all’interno delle strutture sanitarie ma altresì a livello territoriale e soprattutto al domicilio del paziente.

La possibilità che, a tal riguardo, offre la c.d. “sanità mobile” (mobile health o mHealth) è quella di utilizzare software App scaricate dallo store del proprio smartphone o tablet per:

  • effettuare analisi personalizzate e, sulla base dei risultati ottenuti, fornire diagnosi specifiche o indicazioni terapeutiche;
  • consentire ai pazienti di monitorare il proprio stato di salute in autonomia;
  • permettere ai medici mediante un controllo continuo a distanza di assistere i pazienti nel trattamento clinico 24 ore al giorno e 7 giorni su 7.

Un simile vantaggio è ancora più evidente laddove l’attività medica per così dire “tradizionale” risenta della necessità di evitare spostamenti e contatti in ragione dell’attuale rischio di esposizione ad agenti patogeni virali.

Reminder via SMS delle visite, monitoraggio dei parametri vitali, verifica dell’adesione al piano di cura, incentivi all’adozione di stili di vita sani e controllo degli stessi sono solo alcune delle possibilità offerte dal modello di assistenza socio-sanitaria in mobilità.

Oltre a questo, nelle strutture sanitarie il ricorso a smartphone e tablet è sempre più diffuso e la tenuta della scheda individuale dei pazienti, così come il servizio di invio di certificati online, sono effettuati anche mediante device mobili, impiegati, inoltre, nel supporto alla comunicazione col paziente o come ausilio nel contesto delle visite a domicilio.

Strumenti, questi, idonei a garantire il contenimento della spesa sanitaria e a favorire la centralità del cittadino-paziente, oggi sempre più disposto a servirsi anche nella gestione della propria cura e del proprio benessere, come in altri ambiti della propria esperienza di consumatore/utente, di servizi on line e on time.

Peraltro, non si tratta più solamente di un fenomeno sociale o di una mera tendenza, ma di un nuovo vero e proprio modello economico, il cui valore spicca ancora di più nello stato attuale di emergenza, con applicazioni le cui efficacia ed efficienza sono in costante sviluppo e le cui funzionalità in continuo aggiornamento.

La possibilità di usufruire delle potenzialità di questi strumenti non può prescindere in ogni caso dal considerare i necessari adempimenti che sotto il profilo legale devono essere realizzati da chi sviluppa o implementa le applicazioni di sanità mobile, che verranno approfonditamente indagati nei seguenti articoli della Rubrica sulla Sanità Digitale.

Il punto di partenza è rappresentato dalla corretta qualificazione dal punto di vista giuridico di queste App, poiché la circostanza che ricadano o meno nella categoria dei dispositivi medici implicherà o meno la loro sottoposizione alla stringente disciplina del Reg. UE 745/2017 (Medical Device Regulation – MDR).

L’affidabilità di questi software dipende poi dalla capacità da parte di chi li progetta e li utilizza di tutelare i dati clinici dei pazienti dal rischio che questi ultimi vengano persi, modificati, o che gli stessi vengano conosciuti da soggetti non autorizzati, in modo accidentale o illegittimo. Garantire la protezione dei dati personali dei pazienti/utenti richiama l’obbligo della conformità al Reg. UE  679/2016 (General Data Protection Regulation – GDPR) alla luce del quale devono essere interpretati anche il Parere 02/2013 sulle applicazioni per dispositivi intelligenti del Gruppo di Lavoro Articolo 29 della Commissione Europea e il Libro Verde sulla Sanità Mobile del 10 aprile 2014 della Commissione Europea.

Il GDPR richiede, in primo luogo, di effettuare una analisi di privacy by design già in fase di progettazione del software per individuarne poi i singoli adempimenti, da quelli che riguardano il profilo della cybersecurity a quelli che impongono la trasparenza nei confronti dell’utente (informativa e richiesta di consenso laddove necessaria) fino a quelli connessi all’utilizzo di un unico dispositivo mobile sia nel contesto lavorativo che nella vita privata (cd. BYOD – Bring Your Own Device) e alla relativa commistione di dati.

Infine, il vantaggio dell’empowerment del paziente nella gestione “in autonomia” della propria salute, che rischia di comportare un’esclusione del medico dal processo di cura, innesca il tema della distribuzione delle responsabilità in caso di danni derivati dall’utilizzo delle App medicali.                                                

Tali applicazioni, in conclusione, hanno tutti i requisiti per essere utili nella prevenzione, nella diagnosi e nel supporto al processo decisionale, così come nel trasferimento di informazioni mediche, con conseguente riduzione del tempo necessario agli operatori sanitari per accedere ai dati clinici e valutarli.

Tutte circostanze, queste, che, se gestite correttamente anche sotto il profilo legale, rappresentano una grande potenzialità per la salute dei cittadini e per il progresso tecnologico e scientifico del Paese, non solo nell’attuale contingenza ma anche in previsione del termine dell’emergenza epidemiologica.

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L’avvocato Maria Livia Rizzo svolge attività di consulenza legale nel settore sanitario pubblico e privato nell’ambito della protezione dei dati personali – con focus

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