La generazione del report e il risk rate

La compilazione di tutte le domande incluse in una check list determina la generazione automatica delreport finale nel quale sono riportate queste informazioni:

  1. nome e cognome del compilatore,
  2. se previsto, la specificazione del perimetro (tutta l’azienda, una funzione o un’unità operativa, ecc) o dell’oggetto (software, dispositivo medico, ecc) dell’analisi,
  3. le domande poste,
  4. le risposte date dall’utente,
  5. il livello di rischio di violazione dei requisiti di sicurezza (riservatezza, integrità, disponibilità) o risk rate.

Il risk rate è automaticamente calcolato in base alle risposte date dall’utente in quanto, ad ogni risposta, è associato un peso su una scala a quattro valori:

1 = Low | 2 = Medium | 3 = High | 0 = Null

Il peso, attribuito dall’auditor nella fase di realizzazione del sistema, è trasparente per il compilatore per non influenzare la scelta della risposta.

Il risk rate è espresso in % nel range di valori da 1 a 99 (1-33, 34-66, 67-99) e rappresentato graficamente con i colori:

Rosso = rischio alto Giallo = rischio medio Verde = rischio basso.

Perché parlare di Risk rate?

LA CORNICE NORMATIVA

Il Regolamento (UE) 2016/679 è caratterizzato da un approccio funzionale il cosiddetto case-by-case approach

Il nuovo approccio introduce maggiore flessibilità di risposta e completa responsabilità dei risultati, determinando che:

  • il valore quantitativo o qualitativo del rischio è connesso e relativo ad una situazione concreta o minaccia conosciuta;
  • gli obblighi del Titolare e/o del Responsabile variano nel tempo in relazione allo stato della tecnologia e alle pratiche comuni attuate nel settore in cui operano;
  • la misura della responsabilità del Titolare e/o del Responsabile del trattamento è proporzionale al rischio stimato per l’attività da svolgere.

In particolare, nel ‘considerando 76’ si trova il riferimento più preciso: “La probabilità e la gravità del rischio per i diritti e le libertà dell’interessato dovrebbero essere determinate con riguardo alla natura, all’ambito di applicazione, al contesto e alle finalità del trattamento. Il rischio dovrebbe essere considerato in base a una valutazione oggettiva mediante cui si stabilisce se i trattamenti di dati comportano un rischio o un rischio elevato.”

IL CONCETTO DI “RISCHIO”

In ambito security e privacy, il rischio è valutato stimando gli effetti (il danno o impatto) di un evento negativo (il concretizzarsi di una minaccia) in base alla probabilità che accada.

Il rischio è quindi un concetto probabilistico e sono possibili tre diversi metodi di (analisi e) valutazione:

  1. qualitativo che richiede di esprimere un giudizio sulla situazione che si sta valutando su una scala qualitativa (ad esempio alto, medio, basso; oppure improbabile, poco probabile, probabile, altamente probabile);
  2. quantitativo nel quale la valutazione è espressa in valori numerici riferiti al valore economico sia dei singoli asset che costituiscono il perimetro di analisi che degli specifici danni (perdite) prodotti dal concretizzarsi dei rischi;
  3. semi quantitativo nel quale la valutazione è effettuata in termini qualitativi e poi trasformata in valori numerici (pesi) per poterla sottoporre ad algoritmi di calcolo, come se fosse una valutazione quantitativa.

L’ATTRIBUZIONE DEI PESI

Questa operazione, che è discriminante per trasformare un metodo di valutazione qualitativo in semi quantitativo, è compiuta dall’auditor in base a:

  • la riferibilità a best practices applicabili al singolo elemento,
  • la specificità del contesto in cui è collocato/agisce l’elemento,
  • le competenze acquisite nel tempo,
  • l’esperienza lavorativa e professionale.

LA NOSTRA SOLUZIONE

Al termine dell’attività di autovalutazione tramite le check list ASG679© la valutazione del rischio risulterà di tipo semi quantitativo.

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